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Archive for May, 2008

Ancora Turbo-folk

May 29th, 2008 Comments off
turbofolkInevitabilmente torno a parlare di Turbo-Volk. Una delle parole chiave, dopo aver esaminato brevemente le statistiche del blog, con la quale la gente maggiormente approda a Balkan Rock è “turbo folk”. Le richieste arrivano per lo più dall’Italia, ovvero da goolge.it: mi chiedo cosa vorrà dire questo e come interpretarlo? Sono tutti appassionati di fenomeni sociologici? E’ pieno di appassionati di antropologia culturale o di storia contemporanea post-jugoslava? Può darsi…Ma mi viene cinicamente da pensare tutt’altro, considerando che viviamo in un paese diventato per ecellenza turbo-folk, la cui cultura televisiva di massa mi ricorda già da un pezzo la peggio spazzatura di Pink Tv ed altre emittenti che spopolavano negli anni novata in Serbia, credo che le motivazioni stiano molto più in basso. Non è che questi anonimi utenti siano alla ricerca delle cavallone scintillanti, dalle tette straripanti, letalmente kitsch, che rappresentano il modello femminile identico alle starlette, veline, presentatrici e altri esseri dello star-system italiota? Penso proprio che Ceca, Dara Bubamara, Jelena Karleusa, Kaya e le altre hanno conquistato l’immaginario erotico di molti maschi italiani alla ricerca dell’esotico, ma non troppo (va bene le slave ma le negre no…eh). E’ da qualche anno che appena svelo le mie origini qualcuno se ne salta fuori con Budva* – l’infernale luogo di villeggiatura turbo-folk, diventata modello di speculazione edilizia che batte la riviera adriatica degli anni ottanta. Uno cosa ci va a fare a Budva se non alla ricerca di “emozioni forti” a base di donne, casinò e squallore discotecaro? Non importa se la rete idrica va in malora ogni estate con rischio di epidemie, nel mare galeggiano gli stronzi da 3 kg uno e assorbenti usati, ma la vita loca continua e nulla la può fermare. Vista dall’alto, e togliendo il mare, Budva sembrerebbe un campo profughi palestinese abbellilto in modo kitsch: nessun criterio architettinoco, nessun piano regolatore, case, casette, villette, villone, castelli ammassati senza senso in un devastante impatto visivo su uno dei punti più belli della costa montenegrina. W Italia, W Montenegro, W Turbo-Folk.
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Profezie rock

May 27th, 2008 1 comment

EKV - Dum Dum 1990Nel 1990 esce il penultimo album degli EKV (Ekatarina Velika), uno dei gruppi più conosciuti ed amati dell’ex YU. Il titolo dell’album si riferisce ai proiettili esplosivi, cosiddetti “dum-dum” in serbo-croato, vietati dalla Convenzione di Ginevra; in copertina c’è un personaggio inquietante a petto nudo che si punta una pistola di grosso calibro alla tempia (vedi la foto). L’album è particolarmente tetro per lo stile della band, forse un po’ dark, a differenza dei lavori precedenti più inclini al pop. L’album esce proprio all’inizio della guerra civile nell’agosto del 1991. La canzone particolarmente gettonata era “Idemo” (Andiamo), parla del risveglio da un sogno a un incubo. Parla del ponte che è stato distrutto, dei villaggi bruciati, del fiume insanguinato, tutto in un incastro di parole che evocava alla perfezione gli scenari che si stavano aprendo. Si direbbe quasi una profezia, e in qualche modo lo è. Poi ogni uno interpreti come vuole il significato di questa parola: l’intuito, una previsione in base alle analisi razionali, il sesto senso, la telepatia, la capacità di cogliere nell’immaginario il sentore di migliaia di persone, non importa. Questa canzone mi rimarrà impressa nella mente come la colonna sonora dei primi bollettini di guerra. Ai tempi non sembrava che in molti cogliessero questa profezia, forse perché nessuno voleva ancora accettare la dura realtà. Ecco la traduzione, forse un po’ grossolana.

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Con i rom, contro Itaglia-paese canaglia

May 21st, 2008 Comments off

BALKAN ROCK STA CON I ROM

 bandiera rom

SMRT FASIZMU – SLOBODA NARODU! 

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Goli Otok

May 12th, 2008 Comments off

Goli OtokGoli Otok (Isola Calva o nuda letteralmente) era un nome che incuteva terrore, un nome che veniva pronunciato a voce bassa – per spaventare o distogliere qualcuno dai pensieri “proibiti”. Un campo di prigionia da dove sono passati circa 30.000 appartenenti al Partito Comunista Jugoslavo dal 1949 al 1956 – ovvero dalla rottura con Stalin e le conseguenti minacce di invasione fino alla “distensione” sotto Kruscev. Un lagher simile ai gulag sovietici o ai campi di rieducazione cinesi. Il 10% dei detenuti è morto sull’isola, maggior parte uccisi per mano dei propri compagni. Nella sua struttura Goli Otok si distingueva dai gulag perchè funzionava sul principio di perpetuum mobile, ogni tipo di solidarietà tra i prigionieri era spezzata fin dall’ingresso, mentre la funzione del lagher era quella di formare spie, prima costringendoli a tradire i compagni e poi usandoli come informatori in cambio di una libertà vigilata. Il tutto ovviamente aveva come obiettivo quello di “far aprire gli occhi ai compagni che sbagliano” e aiutarli ad essere riportati sulla rette via. Non mi soffermerò sui dettagli abberranti, sul terrorismo psicologico, le torture, i  capò “ustascia”, eroi della resistenza torturati…Sembra che non ci sia neanche uno stato al mondo che non abbia avuto un campo di concentramento per i prigionieri politici nel corso del novecento, compreso il Bel Paese con i suoi carceri speciali (dove, seppure in proporzioni minori, non sono mancate torture, utilizzo di aguzzini mafiosi ed altri sistemi totalitari), occultati dalla storia ufficiale, e riportati alla luce solo in alcuni ambiti ben precisi. Quella che segue è la traduzione di uno dei scritti introduttivi al romanzo “Le Hawaii di Tito” di Rade Panic, ad opera dell’autore stesso, un medico jugoslavo reo di aver dubitato del modello socialista che si stava instaurando. Potete leggere gli articoli e la biografia sul suo sito “Tito’s Hawaii”.

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“Prvi Maj”

May 4th, 2008 Comments off
1 MajPrimo Maggio – paraurti delle macchine decorati con i fiori – molti garofani rossi, musica folk, città vuote – tutti in gita fuori porta, grigliate nei prati e immancabile pioggia, fallò, a volte fatti con i pneumatici dei camion, soprattutto nei quartieri popolari, puzza di fumo e gomma bruciata. Le anguste Zastava, Lada, Trabant, Warburg traboccanti di famiglie allargate. Più tardi cominciavano a vedersi  qualche Mercedes, Ford o BMW dello zio che è andato a lavorare in Germania grazie all’accordo tra Tito e Willy Brandt. Agnello allo spiedo, birra (Niksicko, Sarajevsko, Zlatorog, Jelen, Karlovacko…), mangiate pantagrueliche, i bambini che giocano a “partigiani e tedeschi” – ovviamente nessuno vuole fare il tedesco e lo si fà fare a quelli più sfigati. I sindacalisti e politici parlano in televisione di grandi conquiste, di progressi strabilianti in agricoltura, metallurgia, vengono premiati i Stakanov della situazione, tutto in contrasto con l’ozio generale del Primo Maggio. Gli slogan e gli striscioni. E poi la parata militare tra le larghe vie di Belgrado: cari armati, missili, aerei, ufficiali in tiro, il Maresciallo che scruta dall’alto, tutto in diretta televisiva; il comentatore spiega le caratteristiche di ogni reparto, di ogni armamento. Il Nemico non dorme mai e non bisogna abbassare la guardia. E’ la festa di tutte le feste. Dopo i militari arrivano le organizzazioni sindacali, i collettivi dei lavoratori, le associazioni giovanali, e poi il movimento delle donne AFZ (prima che lo sciogliessero), seguivano i contadini e gruppi di folklore appartenenti ad ogni reppubblica ad ogni etnia con i propri vestiti tipici,  la colonna sonora era “Od Vardara pa do Triglava“; Unità e Fratellanza;  e poi i pionieri, i pionieri di Tito – il futuro della Jugoslavija, il futuro del socialismo (…)
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