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Archive for March, 2010

Elektricni Orgazam

March 17th, 2010 7 comments

Recentemente la RTS (radio televisione serbia) ha trasmesso un documentario a più puntate sulla “new wave” jugoslava, all’interno di un programma che si chiama “Robna Kuca”. E’ tempo di retrospettive anche da quelle parti. Il cosiddetto “novi talas” in effetti ha avuto  un significato enorme nella ex Jugoslavia, forse più che altrove dove si erano già sperimentate le controculture a partire dalla fine degli anni sessanta. Il fatto che la scomparsa del “grande capo” nel 1980, coincide con le prime uscite per le case discografiche di stato come Jugoton dei dischi più significativi dell’epoca, esercita un effetto “shock” sull’immaginario comune. E’ un’ottima cosa che la principale emittente del paese trasmette dei documentari del genere. Dopo averlo visto mi sono riascoltato il secondo album degli Elektricni Orgazam, “Lisce prekriva Lisabon” (1982) (Le foglie ricoprono Lisbona, ndr.)

Ecco un brano:

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Documentario sugli Azra

March 9th, 2010 Comments off
Non saprei quanto avrà senso questo post. Me ne rendo conto che è uno dei peggiori modi di esordire in un articolo e suscita le domande spontanee del tipo “allora che diavolo vuoi da me”, ma facciamo che è rivolto a quella nicchia della nicchia, dei yugos trenta-quarantenni residenti in Italia, che in un periodo della loro vita hanno amato gli Azra.

Quella band di cui parlavo qualche post fa, creatura di Branimir Stulic, singolare menestrello di una Zagabria tardo-socialista, che ha saputo raccontare quel decennio meglio di chiunque altro. Lo faceva in modo poetico, ma senza eruditismi, utilizzando come protagonisti le persone reali che popolano le sue canzoni e che ora si scopre dal documentario “Kad Miki kaze da se boji“, hanno un volto e una storia. Dai professori della Facoltà di Filosofia, agli ubriaconi delle peggiori osterie zagabresi, dagli anarchici e dissidenti politici ai hippy, drogati e perdi giorno appartenenti ad una specie ormai quasi estinta. E poi le donne, quante donne, tante da non avere dubbi sull’ascendente particolare che Stulic esercitava su di loro, con quel suo fascino severo e ascetico.

Proprio quello che oggi apprezzo, da ragazzino detestavo, quel modo di esprimersi e di cantare un po’ “popolare”, un po’ folk, dal melos orientaleggiante. Non capivo gli amici che perdevano la testa per gli Azra, credevo fosse rock da contadini e paesani, preso com’ero da un’esterofilia che in quel momento non era altro che la reazione verso il crescente nazionalismo. Tutto quello che percepivo come “tradizionale” era il “nemico”. Ma naturalmente la musica di Stulic non aveva nulla a che fare con tutto questo, anzi era l’esatto contrario, una miscela sana e genuina di new wave, folk, pop e canzone d’autore.

Chiusa la parentesi personale, torno a parlare del documentario in questione, uscito nel 2005 e intitolato come l’omonima canzone “Kad Miki kaze da se boji” (Quando Miki dice di aver paura). Si ha l’impressione che questo film sia nato come un’iniziativa degli amici di Stulic stesso. Ha un taglio un po’ intimista e sembra fatto apposta per i fan degli Azra che possono trovare le risposte per molti passaggi enigmatici delle loro canzoni. Ma non mancano delle parentesi sul ’68 jugoslavo, sulle controculture e sulle varie correnti dei dissidenti politici. I protagonisti sono dei personaggi di mezza età, alcuni perfettamente “integrati” altri dei “loser” totali. Raccontano dei luoghi di ritrovo, tra questi spiccano “Veliki Kavkaz” e “Mali Kavkaz” (Grande e Piccolo Caucaso ndr.), il primo in stile mittel europeo, era il ritrovo degli intellettuali della borghesia rossa jugoslava, giornalisti, personaggi dello spettacolo, bohemien; mentre il “Piccolo Caucaso” raccoglieva i “non integrati”. Il film a volte si perde in chiacchiere, ma tant’è…a me ha fatto piacere vederlo. Si può scaricare dal blog di Abraxas365 dove potete trovare un mucchio di altra roba interessante.