Stevo Zigon, attore e regista jugoslavo, nato a Ljubljana 8 dicembre 1926, scomparso a Belgrado 28 dicembre 2005.
Da ragazzo ha passato due anni nel campo di concentramento di Dachau dove ha imparato il tedesco. Imprigionato perchè ha partecipato con la resistenza partigiana alle piccole azioni di sabotaggio. Grazie a questa terribile esperienza in cui ha conosciuto la mentalità degli ufficiali tedeschi, in seguito, durante la sua carriera ha interpretato spesso quel ruolo nei film di guerra. Ha studiato a Ljubljana e Leningrado. Si è laureato nel 1952 all’Academia delle Arti Teatrali. Alla facoltà era uno dei primi assistenti in seguito alla fondazione della stessa nel 1949. Ha interpretato in diversi ruoli, sia nel teatro che nel cinema, prima di dedicarsi alla regia.
Nel 1968 si schiera con il movimento studentesco che contesta il degenero del socialismo e la "borghesia rossa". E’ passato alla storia il suo discorso di fuoco in cui utilizzava la famosa piece "La Morte di Danton" di Georg Buchner in cui interpretava un Robespierre onesto, senza compromessi ma comunque spietato, in cui processa Danton, suscitando l’entusiasmo degli studenti. Diceva: "…mentre guardiamo come questi marchesi e conti della rivoluzione giocano d’azzardo, mentre li guardiamo, con pieno diritto possiamo domandarci se sono loro i saccheggiatori del popolo…! Non c’è accordo, non c’è pace con gli uomini per i quali la Repubblica è una speculazione e la Rivoluzione un mestiere!"
Ecco un video tratto da un documentario di Zelimir Zilnik sul ’68 jugoslavo, negli ultimi 3-4 minuti c’è il discorso di Stevo.
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http://www.youtube.com/watch?v=bEdVyh8mGIY
29 novembre 1943 in pieno della guerra fu costituita la repubblica federale socialista jugoslava a Jajce (Bosnia). Quella data per molti anni rimase la principale festività del paese insieme al 1 maggio e 25 maggio (Dan Omladine). Zabranjeno Pusenje ne dedicarono una canzone nel 1987 quando ormai le spinte nazionaliste si fecero forti – tra ironia e anticipata nostalgia – seppur con poche frasi raccontavano il clima che si respirava in un quartiere popolare di Sarajevo in quel periodo.
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A Novi Sad in Serbia, dietro le richieste di molte associazioni e ONG, verrà intitolata una via a
Srdjan Aleksic. Ma chi è Srdjan Aleksic? Sono in pochi a saperlo anche in Serbia. Srdjan era un soldato della Repubblica Srpska, probabilmente reclutato suo malgrado, considerando il contesto e la situazione bellica, ucciso in mezzo alla strada a Trebinje perchè ha tentato di fermare i suoi quattro commilitoni che volevano sparare al suo amico mussulmano Alen Glavovic. Dopo anni di revisionismo ed esaltazione dei criminali di guerra, finalmente viene riportato alla luce un episodio, come probabilmente ci furono molti, di insubordinazione e del rifiuto di aderire al delirio etno-nazionalista. Un’importante passo per andare verso la resa dei conti con la cultura dominante che ha segnato gli anni novanta post-jugoslavi, per isolarla e finalmente poter chiamare con il loro nome i suoi aderenti, cioè fascisti. Un’iniziativa meritovole, che però bisogna dirlo, viene portata avanti in una delle città più progressiste dei Balcani, il processo di decontaminazione sarà ancora lungo.
Il padre del ragazzo ucciso ha voluto lasciare un epitaffio sulla sua tomba: "Umro je vrseci svoju ljudsku duznost" – E’ morto facendo il proprio dovere di uomo – decostruendo in qualche modo la rettorica militaresca e i modi di dire che contengono quel famoso "è morto da soldato". Invece la dichiarazione dell’avvocato diffensore dei suoi quattro assassini era "Gli sta bene perchè difendeva un balija". Balija era un termine per indicare le truppe mussulmante collaborazioniste durante la Seconda Guerra Mondiale, in seguito diventato semplicemente un’insulto per i mussulmani nel gergo del nazionalismo serbo.
La notizia ha avuto un discreto eco mediatico, ma nei forum, blog e
social networks se ne sta discutendo ancora di più, sicchè ci sono diverse petizioni che propongono di intitolare delle vie a suo nome anche in altre città serbe e bosniache.
E’ morto
Dino Dvornik cantante funk croato, a distanza di pochi mesi dalla scomparsa del padre Boris, famosissimo
attore ex-jugsolavo originario di Spalato. Come molti altri anche Dino nel momento in cui stava per sfondare al livello "mainstream" rimane traumatizzato dalla guerra civile e per molto tempo si dedica all’alcool e alle droghe. Ha fatto 9 album, tra pop, funky, rap e etno. Il migliore senz’altro è "Kreativni Nered" del 1990, al quale hanno partecipato tra gli altri
Gibboni,
Rambo Amadeus e
Davor Gobac dei Psihomodopop. Ecco un tormentone di quell’anno:
http://www.youtube.com/watch?v=70mZUBzA-HE
Nella ridente repubblica montenegrina, finalmente libera dal giogo serbo, lo sviluppo va avanti a gonfie vele, soprattutto grazie ad un fiorente turismo basato sulla speculazione edilizia, apertura di locali, ristoranti e discoteche a suon di mazzette e senza piani regolatori, sulla devastazione e privatizzazione di quei pochi servizi pubblici rimasti. Il risultato è una situazione igienico-sanitaria penosa e un degrado ambientale che procede a velocità allarmante. I mafiosi russi fanno quel che gli pare, mentre ci si pavoneggia con dei ridicoli interventi pubblici finanziati dall’agenzia del dipartimento di stato americano UsAid, nota per essere una propagine “civile” della CIA. Incredibilmente i russi e americani si spartiscono pacificamente Montenegro senza scazzare più di tanto come normalmente accade a livello internazionale. Statarello off-shore, che come ci si poteva immaginare già da un po’ di anni, servirà per sciaquare i soldi sporchi delle economie illegali euro-asiatiche e americane. Una situazione non troppo dissimile dal Kosovo.
Tutto questo per dire che già da alcuni anni ogni estate infuriano epidemie di vario genere grazie alla zozzura del turismo turbo-folk, alla situazione drammatica in qui versa il sistema idrico del paese sulla costa, al problema dei rifiuti (e lì ci sono molte analogie con il Bel Paese) e all’assenza di qualsiasi intervento per sanare la situazione. Si riesce a insabbiare tutto, basta imboscare il rudo sotto il tappeto. I media sono “embeded”, gli ospedali vengono corrotti, la gente spaventata. In ogni città montenegrina c’è qualche caso di meningite e salmonella, mentre le intossicazioni “ordinarie” non si contano. In un paese di neanche 700.000 abitanti sono numeri da stato d’emergenza. Il governo se ne fotte. Importante è che gli affari vanno avanti e che la sua struttura mafioso-tribale rimanga intatta. Penso che a metà agosto si correbbero meno rischi in qualche villaggio del sud dell’India che sulla costa montenegrina. C’è da stare attenti. Personalmente mi sono inteossicato due anni di seguito, ho cristato per qualche giorno mangiando riso in bianco e fette biscottate. Tutto questo mentre qualcuno si vanta di voler diventare Montecarlo balcanica o Svizzera mediterranea. Montenegro style…
Saban Bajramovic, di etnia rom è nato a Nis, nel sud-est della Serbia. Durante la sua carriera ha inciso venti album e cinquanta singoli, scrivendo in tutto circa settecento canzoni. I suoi ammiratori lo descrivono come un grande cantante dalle straordinarie capacità, che canta direttamente dal cuore e dall’anima. La sua interpretazione della canzone "Djelem, djelem" è diventato l’inno dei rom in tutto il mondo.
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