Belgrado anni ’50. Due famiglie appartenenti alla piccola broghesia decaduta a causa delle confische iniziate nel dopoguerra con il processo di statalizzazione, sono costrette a vivere costipate in un piccolo appartamento. Zoran, il figlio cicciotto di una ballerina e di un musicista, si isola da questo contesto difficile coltivando un culto personale per il maresciallo Tito con il sommo dispiacere di tutti i familiari, ostili al nuovo regime. Mentre i suoi genitori bisticciano con i parenti con cui sono costretti a convivere, Zoran vive la sua vita sentimentale scombussolata tra l’adorazione del grande capo e l’invaghimento per una compagna di scuola più grande di lui. Un bel giorno la maestra, completamente dedita all’indottrinamento, decide di far fare un tema a sorpresa dal titolo “perché voglio bene al compagno Tito”. Di solito scarso negli scritti, Zoran invece decide di scrivere una poesia di propria iniziativa, che risulterà essere un perfetto esempio di propaganda titoista volta a rafforzare il culto del leader, lasciando a bocca aperta la maestra che decide di farlo partecipare ad un concorso. La cosa scioccante per la famiglia sarà il fatto che alla fine della poesia il bambino dichiara di voler più bene a Tito che ai propri genitori. Il premio del concorso per i “pionieri” bravi nella scrittura sarà la gita alla città natale del maresciallo Kumrovec, accompagnati da un educatore invasato e autoritario, fin da subito scettico verso il bambino “diverso” figlio di due “artisti”. Così comincia il viaggio iniziatico di Zoran in cui dovrà uscire dal sui mondo immaginario e confrontarsi con i coetanei, con le difficoltà e con il proprio essere “diverso”.
Bella la prima parte del film in cui si descrivono le condizioni sociali dell’epoca e l’emarginazione di chi non trovava un proprio posto o non era funzionale al nuovo regime, che malgrado la rettorica, soffre di tutti i vizi tipicamente borghesi: cene di gala per le elité politiche, spettacoli e balletti esclusivi, battute di caccia con il maresciallo, visite in pompa magna dei re e dei dittatori con enormi sprechi di risorse pubbliche. Tutto funziona fino alla partenza verso Kumrovec quando il film comincia a rallentare tra le varie gag e gaffe del piccolo protagonista e dell’educatore interpretato da Lazar Ristovski. La marcia a piedi da Zagabria verso il villaggio di Tito, le nottate in tenda, Zoran che si perde nel bosco, l’amica brutta che gli fa filo, quella di cui era infatuato se la fa con il ragazzo più grande del gruppo deludendolo, il disastro nel castello di Kumrovec dove l’educatore si finge un fantasma provocando il panico durante il quale vengono distrutte alcune armature molto antiche. Il tutto all’ombra dei commissari del partito che seguono l’andamento della gita visto l’obiettivo “sensibile”. Alla fine, dopo innumerevoli intoppi, ritardi e figuracce viene il momento della visita alla casa natale di Tito, dove qualcuno degli studenti dovrebbe leggere il tema con il quale è stato candidato. Nella confusione, i commissari del partito presenti scelgono a casaccio Zoran che invece di leggere la sua poesia fa un discorso improvvisato dove fa una confessione al maresciallo in cui dice che non era vero che gli voleva bene più che a mamma e papà, e che prima di lui vengono anche gli zii, i compagni di scuola, Tarzan, persino il matto del quartiere che stava tutto il giorno sotto casa sua ad aspettare non si sa cosa. Tutto torna a posto, i compagno di scuola sono entusiasti, mentre l’educatore cade in depressione per il fallimento della visita e la figura finale. Questo lo induce addirittura a suicidarsi. Malgrado questo Zoran viene invitato dal maresciallo, insieme ad altri “pionieri” alla sua festa di compleanno, dalla quale però si defila imboscandosi nella sala di ricevimento deserta, ormai disinteressato della figura mitologica del maresciallo, preferisce dedicarsi ai dolci invece di sentire i convenevoli della festa.
Si tratta di una commedia “amara” tipica del cinema jugoslavo con l’intento di criticare il culto della personalità, in questo caso di Josip Broz. La sceneggiatura è bella ma la regia non sembra riuscitissima. Ci sono alcuni ottimi interpreti come Lazar Ristovski, Miki Manojlovic, Anica Dobra, Bogdan Diklic e Olivera Markovic, in particolare i primi due conosceranno un certo successo internazionale grazie all’indimenticabile tandem nell’Underground di Kusturica.
Il film l’ho visto in streaming su YugoFilmovi (pessima qualità video)