Mekike

October 5th, 2010 Comments off

Mekike – un specie di fritella dalla forma irregolare, fatta con una pasta simile a quella della pizza, fritta e cosparsa di zucchero. Una delle merende tipiche di un paese in via di sviluppo, prima dell’avvento del consumismo. Si vendeva nei chioschetti di plastica, spesso color arrancione, di solito adibiti a vendere pochi prodotti (e spesso uno solo). Quelli delle “mekike” erano monotematici – niente salsine, cremine o altro. Una merenda semplice e povera che ti faceva tirare fino a cena, meglio di un pacchetto di Smoki. Il declino simbolicamente inizia con l’apertura del primo McDonald’s a Belgrado nel 1988 abbagliando le masse giovanili con lo scintillio ipocrita che offriva la malfamata catena dei fast-food. Quello spianava ulterioramente la strada ai tweekers, sneakers, mars e altri prodotti che con le proprie brand colonizzavano le menti degli adolescenti jugoslavi. All’improvviso tutti ci sentivamo diversi ed esclusi da un spesso presunto “benessere occidentale”, inziando a collezionare i complessi d’inferiorità che tanto hanno contribuito alla rapida fine del comunque non rimpianto blocco socialista.

I famosi chioschetti arrancioni dall’inconfondibile design anni ’70 e dalle forme leggermente arrotondate, avevano anche una versione “salata”, cioè vendevano i panini con i wurstel – e sia chiaro, c’era solo quello. Come ogni wurstel, anche quelli di dubbissima qualità, galleggiavano nei pentoloni di alluminio e venivano serviti con la maionese o con la senape, di solito da signore di mezza età molto brutte e dall’aria annoiata.

Rubrika na srpsko-hrvatskom

October 2nd, 2010 1 comment

Od danas ce ovaj blog govoriti i na srpsko-hrvatskom. Prvi problem je sto ga ja vise ne govorim kako treba, a drugi to sto mnogi smatraju da taj jezik ne postoji. Sto se prvoga tice, nekako ce se prevazici, jer osim toga sto zelim da se obratim i svojim bivskim zemljacima, sluzicemi i kao trening za maternji jezik. S time se preventivno izvinjavam za gramaticke greske i za dijalektalne oblike mog zavicaja koje cu neizbjezno koristiti. Drugi problem nije moj problem, vec onih cija deformisana precepcija istorije, drustva i jezika pod odredjenim ideoloskim uticajima – suprotno bi bilo neobjasnjivo zasto ja skoro pojednako razumijem ljude iz Zagreba, Sarajeva i Beograda. Slovenacki i makedonski su naravno najblizi rodjaci srpsko-hrvatskom ali se ipak radi u zasebnim jezicima.

U ovoj rubrici necu prevoditi clanke napisane na italijanskom, koji su namijenjeni italianskim citaocima, vec nesto sto ce biti vise shodno bivsim zemljacima. Naravno vecina clanaka na ovom blogu ne predstavljaju nista novo, i mnoge stvari se podrazumijevaju ex-yu citaocima, dok italijanskoj publici mogu zvucati kao nesto jos neistrazeno pa cak i “egzoticno”. S time ce pristup u rubrici na srpsko-hrvatskom biti koliko-toliko drugaciji. Jedini prevod ce biti sama prezentacija bloga, cisto da bude jasno o cemu se tacno radi i sta je to sve tu napiskarano na italijanskom. Toliko za sad.

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Coma Stereo

September 30th, 2010 Comments off

A volte i gruppi più interessanti ti capita di scoprire per puro caso, andando in un posto dove c’è un live inaspettato o cliccando su un link spinto dalla curiosità verso un nome o una copertina. Questa volta mi arriva l’invito su facebook per un festival che si terrà a Subotica all’inizio di novembre, al quale ovviamente non ci potrò andare, e mi trovo un elenco con una sfilza di nomi che hanno tutti l’aria di avere a che fare con il post-rock, elettronica sperimentale o quelle cose un po’ “arty” un po’ intellettualoidi. Scorro l’elenco e l’occhio mi cade sui Coma Stereo, clicco il link che rimanda alla pagina MySpace senza troppe aspettative, perché temo già qualcosa di rumoristico e palloso che può ascoltarsi solo chi lo fa, invece riconosco subito le sonorità che ricordano “space” e “kraut” rock. Le atmosfere solitarie dei viaggi interstellari, i suoni che evocano i pensieri di un’androide o le immagini da un pianeta sul quale stanno sorgendo le prime forme di vita, queste sono le prime cose che vengono in mente ascoltandoli. Dalla cover dell’album si direbbe che l’ispirazione del gruppo arriva più dalla fantascienza degli anni settanta che non dalle cose più contemporanee. Personalmente mi viene in mente Stanislav Lem, e ci scometto che uno di loro è un fan.

Il loro album “Transgalactica” è liberamente scaricabile sotto una licenza creative commons dal sito della band. Ecco invece un video dal vivo.
http://vimeo.com/13161031

Video cartoline dai Balcani

August 30th, 2010 Comments off

Pubblico volentieri le tre video-cartoline realizzate durante un viaggio in Albania, Macedonia e Montenegro da un amico cinefilo e videomaker sotto il nome di Atelier Produzioni. Repertorio di immagini tipicamente “on the road”, molto autentiche  e con un attenzione particolare alle tracce del passato e alla realtà contemporanea in fase di (de)costruzione.

http://www.youtube.com/watch?v=ctoIjZjMGX8

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Granica (1991)

July 30th, 2010 Comments off
Granica” (Il confine) è un film di produzione jugoslava del 1991, girato proprio nell’anno in cui iniziò la guerra. Ambientato in un villaggio al confine tra la nascente federazione jugoslava e l’Ungheria tra 1945 e 1948, racconta la storia di due famiglie, una di ungheresi autoctoni, contadini più o meno benestanti alle prese con la riforma agraria dell’epoca e i conseguenti espropri; l’altra di profughi bosniaci, reduci di guerra, ai quali viene assegnata una delle case confiscate agli austriaci o tedeschi residenti in Vojvodina dai tempi dell’Impero austro-ungarico.
Storie dolorose e dimenticate che hanno luogo in quel limbo che è il dopo-guerra, qualunque esso sia. Descrive le differenze culturali tra persone provenienti da ambienti rurali completamente diversi: quello silvo-pastorale e di susistenza nelle zone più remote della Bosnia e quello dei grandi poderi agricoli nella fertile pianura Panonica, dove fin dai tempi dei conquistatori ungari si è conservata la tradizione dell’allevamento dei cavalli di razza. I comissari del partito cinici e violenti, i giovani spaesati in questo improvviso salto nella modernità, i bambini vittime degli ordigni rimasti inesplosi, i contadini disposti a farsi torturare pur di non consegnare alle autorità il grano, i maiali, i cavalli che per legge se ne potevano possedere solo due per famiglia.
Il film inizia con lo stupro della giovane Etel, figlia di un agricoltore ungherese, per mano di un gruppo di soldati russi e si evolve con una serie di sventure che colpiscono le due famiglie stritolate dalla storia. Malgrado l’iniziale mal sopportazione tra i due padri di famiglia, la malasorte li unisce, contemplando alla fine persino un matrimonio tra i propri figli. A questo proposito il monologo di Shandor, il baffuto e grasso contadino ungherese con il debole per la grappa, è molto significativo. Dopo la morte della moglie è disposto a mandare al diavolo le tradizioni, i matromini combinati tra ungheresi, i cavalli e persino “Attilla il flagello di dio” e dare la mano della propria figlia ad uno “straniero” bosniaco. Quello che sembra simboleggiare l’inizio del multiculturalismo jugoslavo. I
l film racconta storie molto interessanti e spesso con il piglio azzeccato, a parte per forse un’eccessiva demonizziazione dei “comunisti”, tuttavia comprensibile in un clima di generale avversione e rottura con il passato in tutti paesi ormai ex-socialisti, quando il film fu girato. C’è qualche caduta di ritmo e le differenze troppo marcate nella capacità di interpretare tra i vari attori,  alcuni delle affermate star del cinema jugoslavo come Laza Ristovski, altri degli esordienti o addirittura dei non-attori, creando così una sensazione di vuoto nella recitazione in alcune parti del film. Ad ogni modo una visione interessante di un film non molto conosciuto.

Maresciallo Tito

May 4th, 2010 1 comment

Oggi su Facebook mi hanno mandato una foto di Tito per l’anniversario della sua morte, avvenuta il 4 maggio 1980. Ecco il commento che gli ho lasciato.

Caro Maresciallo eri un po’ stronzo ma noi jugoslavi ti perdoniamo, avevi stile e oltre al bastone ci davi anche la carota, non come dai tuoi colleghi Stalin e Causesku. Ci portavi le star hollywoodiane e ci permettevi di suonare rock’n’roll. E poi quella tua cosa dei “non allineati” non era proprio una stronzata a ripensarci oggi. Tu, Nehru e Nasser ci sapevate fare, ma gli altri erano po’ delle schiappe. Ti perdoniamo anche solo per aver fatto il culo quadruplo ai nazisti, ai fascisti e a quelle merde dei traditori ustascia e chetnici. Un saluto a pugno chiuso.

Balkan Rock al Barattolo

April 19th, 2010 Comments off

idoliMi è capitato poche volte di mettere la musica yu-rock dal vivo, durante qualche festa o concerto. Non essendo un dj, in quelle rare occasioni ho sempre fatto dei frullati piuttosto bizzarri in cui mischiavo, con poco criterio, il vecchio e il nuovo, l’elettronica e il rock. Mi incuriosisce comunque vedere le reazioni, dal momento che la maggioranza degli ascoltatori di solito si aspetta qualcosa di molto “balcanico”, alla Bregovic o Gogol Bordello, per intenderci. Penso che questi esempi non rispecchino bene quello che era il rock jugoslavo, cristallizzando l’idea di un variegato scenario musicale, ad un immagine  esclusivamente folkloristica dei rural-rockers di un paese immaginario. Non per affermare che non ci sono queste contaminazioni, a volte volutamente kitsch e grottesche come nel caso di Rambo Amadeus, in altri casi più prossime alla world music dei Leb i Sol, ma perché sono esistite molte altre sonorità e correnti, originali o meno, ma che si scostavano da qualsiasi eredità tradizionale.

Qualche sera, durante un’aperitivo, ho messo la musica al centro sociale Barattolo e con sorpresa l’unica richiesta di delucidazioni su un gruppo mi è arrivata da un ragazzo che ha sentito “Odbrana” degli Idoli, pezzo  new wave del 1982,  dalle tinte synth-pop e ritmo in levare. Nulla a che fare con il sound orientaleggiante e cacciarone di cui parlavo prima, se non per il concetto e l’estetica dell’album, che utilizza in chiave pop alcune immagini dell’arte religiosa bizzantina. Ecco il brano:

http://www.youtube.com/watch?v=w4ATm2uXWcA

Elektricni Orgazam

March 17th, 2010 7 comments

Recentemente la RTS (radio televisione serbia) ha trasmesso un documentario a più puntate sulla “new wave” jugoslava, all’interno di un programma che si chiama “Robna Kuca”. E’ tempo di retrospettive anche da quelle parti. Il cosiddetto “novi talas” in effetti ha avuto  un significato enorme nella ex Jugoslavia, forse più che altrove dove si erano già sperimentate le controculture a partire dalla fine degli anni sessanta. Il fatto che la scomparsa del “grande capo” nel 1980, coincide con le prime uscite per le case discografiche di stato come Jugoton dei dischi più significativi dell’epoca, esercita un effetto “shock” sull’immaginario comune. E’ un’ottima cosa che la principale emittente del paese trasmette dei documentari del genere. Dopo averlo visto mi sono riascoltato il secondo album degli Elektricni Orgazam, “Lisce prekriva Lisabon” (1982) (Le foglie ricoprono Lisbona, ndr.)

Ecco un brano:

https://www.youtube.com/watch?v=PBavXnloYIk

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Documentario sugli Azra

March 9th, 2010 Comments off
Non saprei quanto avrà senso questo post. Me ne rendo conto che è uno dei peggiori modi di esordire in un articolo e suscita le domande spontanee del tipo “allora che diavolo vuoi da me”, ma facciamo che è rivolto a quella nicchia della nicchia, dei yugos trenta-quarantenni residenti in Italia, che in un periodo della loro vita hanno amato gli Azra.

Quella band di cui parlavo qualche post fa, creatura di Branimir Stulic, singolare menestrello di una Zagabria tardo-socialista, che ha saputo raccontare quel decennio meglio di chiunque altro. Lo faceva in modo poetico, ma senza eruditismi, utilizzando come protagonisti le persone reali che popolano le sue canzoni e che ora si scopre dal documentario “Kad Miki kaze da se boji“, hanno un volto e una storia. Dai professori della Facoltà di Filosofia, agli ubriaconi delle peggiori osterie zagabresi, dagli anarchici e dissidenti politici ai hippy, drogati e perdi giorno appartenenti ad una specie ormai quasi estinta. E poi le donne, quante donne, tante da non avere dubbi sull’ascendente particolare che Stulic esercitava su di loro, con quel suo fascino severo e ascetico.

Proprio quello che oggi apprezzo, da ragazzino detestavo, quel modo di esprimersi e di cantare un po’ “popolare”, un po’ folk, dal melos orientaleggiante. Non capivo gli amici che perdevano la testa per gli Azra, credevo fosse rock da contadini e paesani, preso com’ero da un’esterofilia che in quel momento non era altro che la reazione verso il crescente nazionalismo. Tutto quello che percepivo come “tradizionale” era il “nemico”. Ma naturalmente la musica di Stulic non aveva nulla a che fare con tutto questo, anzi era l’esatto contrario, una miscela sana e genuina di new wave, folk, pop e canzone d’autore.

Chiusa la parentesi personale, torno a parlare del documentario in questione, uscito nel 2005 e intitolato come l’omonima canzone “Kad Miki kaze da se boji” (Quando Miki dice di aver paura). Si ha l’impressione che questo film sia nato come un’iniziativa degli amici di Stulic stesso. Ha un taglio un po’ intimista e sembra fatto apposta per i fan degli Azra che possono trovare le risposte per molti passaggi enigmatici delle loro canzoni. Ma non mancano delle parentesi sul ’68 jugoslavo, sulle controculture e sulle varie correnti dei dissidenti politici. I protagonisti sono dei personaggi di mezza età, alcuni perfettamente “integrati” altri dei “loser” totali. Raccontano dei luoghi di ritrovo, tra questi spiccano “Veliki Kavkaz” e “Mali Kavkaz” (Grande e Piccolo Caucaso ndr.), il primo in stile mittel europeo, era il ritrovo degli intellettuali della borghesia rossa jugoslava, giornalisti, personaggi dello spettacolo, bohemien; mentre il “Piccolo Caucaso” raccoglieva i “non integrati”. Il film a volte si perde in chiacchiere, ma tant’è…a me ha fatto piacere vederlo. Si può scaricare dal blog di Abraxas365 dove potete trovare un mucchio di altra roba interessante.

Communist Rock

February 13th, 2010 Comments off

http://www.youtube.com/watch?v=R6_U_-KKJtA

Korni Grupa” una delle più prolifiche band prog-rock degli anni settanta, in sei anni della loro esistenza, dal ’69 al ’74, hanno combinato abilmente prog, jazz, pop e folk, alternando album di respiro internazionale con quelli più accettabili per un pubblico di massa,  a volte conditi di messaggi positivi, funzionali alla politica di allora, musicando anche un poema di Branco Copic sui primi anni della resistenza contro il nazismo. In questo video eseguono il vecchio canto partigiano “Budi se Istok i Zapad” (Si risvegliano l’est e l’ovest) in versione rock. Veramente cult.

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