Resistenza jugoslava
La resistenza jugoslava, forse non tutti lo sanno, era particolarmente tenace, un’epopea straordinaria ma tragica che portò alla liberazione senza alcun intervento degli Alleati, se non molto tardivo. Purtroppo gli anni del nazionalismo e della guerra civile degli anni novanta, hanno portato ad un forte revisionismo, arrivando fino all’assoluzione morale dei criminali di guerra al servizio del Reich. Tuttavia non credo che bastino due decenni per togliere il ruolo che si merita NOB (Narodno Oslobodilacka Borba – Lotta Popolare di Liberazione) nelle repubbliche post-jugoslave, alla quale parteciparono tutti i popoli jugoslavi compresi i rom, che come si sa, ufficialmente non hanno mai preso parte in alcuna guerra. E’ un mito che sopravvive ancora nei film, nei libri, nei monumenti, nell’immaginario collettivo – quella lotta di liberazione, conquistata con un così enorme sacrificio, malgrado le distorsioni e le successive strumentalizzazioni dello stesso regime socialista, è destinato a vivere ancora. In occasione del 25 aprile vorrei portare alla luce alcuni eroi della resistenza jugoslava, o se non vi piace il concetto dell’eroe, i personaggi spesso provenienti dai ceti più bassi, che hanno dimostrato con il loro coraggio, la loro audacia e il loro credo, seppur spesso basato su pochi concetti semplici, che un altro mondo è possibile.
Non c’è nessun ordine di importanza, ne riporto quattro a caso, i primi che mi venivano in mente, anche in base ai ricordi personali o quelli che maggiormente mi sono rimasti impressi per un motivo o un altro.
Bosko Buha (1926-1943) – era un giovanissimo partigiano che apparteneva ai cosiddetti “bombasi” (bombaroli), piccole formazioni di giovanissimi dai 15 ai 20 anni, particolarmente abili nel lancio delle bombe a mano, che partecipavano alle operazioni di sabotaggio o negli attacchi contro i bunker nemici. E’ nato nel villaggio Gradina vicino alla città croata di Virovitica e proveniva da una famiglia serba. Nel 1941, dopo l’invasione del Regno della Jugoslavia e l’instaurazione del regime collaborazionista degli Ustasa, furono costretti a fuggire in Serbia. Nello stesso anno cerca di entrare a far parte della resistenza ma viene respinto a causa della sua giovane età di 15 anni. L’anno successivo riesce ad arruolarsi nella 2° Brigata Proletaria. La sua temerarietà e la straordinaria precisione nel lancio delle bombe a mano entrarono fin da subito nella leggenda. Nel 1943 fu ucciso in un agguato dei “cetnici” a Pljevlja (Montenegro) durante gli spostamenti da un fronte all’altro. Per molti anni fu l’eroe popolare più amato di tutti bambini. Nel 1979 il regista croato Branko Bauer diresse un film biografico su Bosko Buha. Un teatro di Belgrado porta tutt’oggi il suo nome. Nel luogo dove fu ucciso c’è la statua di Bosko in piedi su un libro gigante con una bomba in mano.
Ivan Goran Kovacic (1913-1943) – giornalista, poeta, critico letterario e membro del Partito Socialista Contadino Croato. Scrisse uno dei poemi più importanti sulle atrocità della guerra intitolato “Jama” (La Fossa), una riflessione tormentata e una condanna delle responsabilità etiche e ideologiche del movimento Ustascia. Si unisce alla resistenza nel 1942 insieme all’amico e collega Vladimir Nazor. Viene ucciso selvaggiamente, per ironia della sorte da un gruppo dei “cetnici” (avversari politici degli ustascia) in Bosnia vicino a Foca. Molte scuole jugoslave in seguito furono intitolate a suo nome.
Marija Bursac (1920-1943) – la prima donna proclamata l’eroe della resistenza jugoslava. Nata nel villaggio Kamenica vicino a Drvar, la città bosniaca che nella seconda parte della resistenza sarà il quartier generale di Tito. Partecipa attivamente alla resistenza fino dai primi giorni della resistenza nel 1941. Diventa membro della Gioventù Comunista nel 1942, dopo alcuni mesi viene nominata comissario politico nel terzo reparto del Battaglione dei Giovani Lavoratori. Come instancabile militante politico fece parte anche del Fronte Antifascista delle Donne, organizzazione per l’emanicipazione femminile fondata nel 1942 nei territorio liberati di Bosanski Petrovac. Marija viene mortalmente ferita durante l’attacco ad un bunker tedesco vicino a Kulen Vakuf, morì cantando durante il viaggio verso l’ospedale militare che distava 40 km. Le donne hanno dato un contributo enorme anche nella resistenza jugoslava. Dal 1941 al 1945 parteciparono ai combattimenti 100.000 donne, di cui morirono 25.000, 40.000 furono ferite e diverse migliaia rimasero invalidi. Ben 2.000 donne diventarono ufficiali durante la Seconda Guerra Mondiale. Dopo la guerra il movimento diventa parte attiva della Federazione Democratica Intenrazionale delle Donne. Dopo pochi anni fu abollito dal Comitato Centrale, poichè esigeva trasformazioni sul piano politico e culturale, troppo “radicali”, da attuare troppo velocemente per i gusti dei vertici del nascente regime.
Sava Kovacevic – (1905-1943) nato nel villaggio Nudol vicino Grahovo nell’odierna Montenegro. Inizia a lavorare da giovanissimo, non potendo permettersi gli studi. Cambia diversi mestieri: boscaiolo, minatore, operaio. Si avvicina al partito comunista, anche grazie a suo fratello, noto rivoluzionario Nikola Kovacevic. Dal 1925 in poi ricopre diverse cariche all’interno del partito, organizza gli scioperi e le manifestazioni contro la monarchia e il terrore poliziesco degli anni trenta. Contribuisce alla costituzione delle cooperative agricole e dei luoghi di aggregazione per i giovani. Viene arrestato diverse volte per la sua attività politica (Grahovo, Niksic, Cetinje, Kosovska Mitrovica, Beograd). Nel 1936 durante un’operazione contro tutte le sedi dei comunisti in Montenegro, si mette in clandestinità, passando più di 9 mesi nascosto nei boschi e nei villaggi più sperduti. Malgrado tutto viene arrestato l’anno dopo e processato ma in seguito liberato. Nel 1940 viene arrestato di nuovo per un comizio contro la guerra. Dopo l’invasione nazi-fascista organizza l’insurrezione in Montengro (13 luglio 1941). Conduce diverse battaglie vittoriose contro le truppe italiane tra Niksic e Herceg-Novi. Coordina le azioni tra Montenegro e Herzegovina per ricongiungere i territori liberati tra le due repubbliche confinanti. Arreca la prima sconfitta ai “cetnici” in montenegro nel aprile del 1942 vicino a Niksic. Il 12 giugno 1942 diventa comandate della Quinta Brigata Proletaria del Montenegro. Aveva un forte ascendente sui combattenti ispirando fiducia e sicurezza, certamente grazie alla sua abilità militare, ma soprattutto grazie al fatto di essere un “uomo del popolo” modesto e bonario. Per molti mesi rimane nei luoghi chiave dei combattimenti contro l’offensiva nemica. Muore nell’epica battaglia di Sutjeska. I partigiani accerchiati da un nemico 20 volte superiore, durante l’operazione “Schwarz” che vedeva uno schieramento di 120 mila uomini con truppe aeree e mezzi corrazzati, che doveva annientare la guerriglia partigiana in Dalmazia, Erzegovina e Montenegro e sbarazzarsi del movimento monarchico dei “cetnici”, facendo leva sul conflitto intestino. L’esercito partigiano con a seguito centinaia di feriti di un ospedale partigiano evacuato, rischiava di essere completamente sterminato. L’unica possibilità era rompere l’accerchiamento. Sava insieme a molti altri si sacrifica per questo, scagliandosi contro il nemico per aprire una via di fuga. Alla fine riescono. La Battaglia di Sutjeska ha cambiato le sorti del conflitto, anche gli Alleati che fino ad allora denigrarono i partigiani, cambiano improvvisamente la politica fino al riconoscimento dell’Esercito Popolare di Liberazione. Nel 1973 esce “Battaglia di Sutjeska“, un film che ha traumatizzato un’intera generazione con le scene raccapricianti dell’assedio più cruento contro la resistenza jugoslava.
fonti:
http://sr.wikipedia.org
http://en.wikipedia.org
foto:
A questo link potete trovare un bel repertorio di fotografie sui partigiani jugoslavi.