Darko Rundek

August 15th, 2011 Comments off

Niente di meglio che un concerto inaspettato. Senza programmarlo settimane o mesi prima, ripassare gli album per essere “pronti” e rischiare di trovarsi quasi demotivati a metà concerto proprio per troppe aspettative cresciute a dismisura nel frattempo. Così, a sorpresa vidi i Laibach qualche anno fa, in un contesto improbabile per chi conosce il gruppo, che con le sue performance richiede spazi tetri, minacciosi, asettici. Invece eravamo in mezzo all’alta stagione nella super-turistica Dubrovnik, il gioiellino dell’Adriatico, che come come ogni luogo che dipende totalmente dal turismo, rischia di diventare una specie di Disneyland. Il clima era tiepido e molliccio, con l’aria impestata di odori in cui si mischiano allegramente le creme solari e i gamberetti fritti, con frotte di turisti pasciuti con l’epidermide rosolata che viene risaltata dalle tinte bianche dei vestiti. Ma una volta sfuggiti a questo scenario e trovato il luogo del concerto si poteva tirare un sospiro di sollievo. Si trattava di una vecchia quarantena portuale dove venivano depositate le merci sospette o contaminate che chiamano Lazareti (appunto da lazzaretto), oggi un club orientato verso la musica “alternativa” ed elettronica. Fu una bella performance, interamente dedicata all’album “Volk“, di fronte a duecento o trecento persone, numero ideale per godersi il concerto senza attacchi agorafobici.

Ma in realtà volevo parlare di un altro concerto più recente. Quello di Darko Rundek, che finalmente ho avuto modo di vedere nella natia Herceg-Novi. Anche questa volta il contesto da alta stagione, con la cacofonia tipica della costa montenegrina in cui ti senti frullare nelle orecchie turbo-folk, disco, pop, chill-out e quant’altro. Infatti vista la tipologia umana da villeggiatura dubitavo che ci sarebbe stato il pienone di gente entusiasta che cantava addirittura le canzoni dell’ultimo album “Plavi avion” uscito pochi mesi prima. Ma chi è Rundek? E’ un tizio che cantava nel famoso gruppo new wave Haustor di cui ho parlato qualche volta su questo blog. Li paragonavo ai Talking Heads o ai Police per le sonorità afro, reggeae  e world music che in parte Rundek successivamente ha sviluppato in una chiave diversa, più cantautoriale . Musica melanconica, a volte cupa a volte struggente, venata di blues, di folk, di rock, ma anche di melos tipico dell Mediterraneo orientale.  Il tutto ha un sapore “arty” che di solito mal sopporto ma che in questo caso non mi dà alcun effetto collaterale, forse per il tipo di personaggio che guida questa orchestra o per il tipo di storie che racconta. Rundek non ha partecipato alle guerre “patriottiche” e forse anche per questo per anni non trovò modo di continuare a produrre musica nel proprio paese (Croazia), trasferendosi a Parigi. Durante la guerra conduceva una trasmissione radiofonica su Radio Brod, un’emittente galleggiante nelle acque internazionali dell’Adriatico, cercando di far veicolare i messaggi pacifisti. Questo mentre molti altri musicisti del suo paese erano intruppati partecipando ai progetti patriottardi del regime di Tudjman. E’ anche per questo che trova un’accoglienza calorosa ovunque suoni nelle repubbliche ex jugoslave, escludendo l’episodio odioso in cui fu preso a pugni da un ultra-nazionalista serbo durante uno dei primi concerto dopo la fine dei conflitti tenutosi a Belgrado.

Ecco l’ultimo album “Plavi Avion

Sejmeni dolaze

June 22nd, 2011 2 comments

“Sejmeni” od Haustora mi je stvar momenta. Mračna i melodicna, sa tipičnim ’80 new wave zvukom. Tražio sam tako tekst jer su mi neke riječi bile nejasne i naišao na svastaru.com Koliko sam razumio “sejmeni” su bili neki turski odred, sastavljen od janjičara, zadužen za represiju. Ne znam tačno o kom vijeku se govori. Zbog toga je neko od komentatora interpretirao to kao da se radi o nekoj nacionalističkoj poziciji, a neko drugi da je sa sejmenima  autor u stvari predstavio srbo-četnicke jedinice koje okupiraju hrvatsku. Nevjerovatno. Darko Rundek je notorni ljevičar i simpatizer liberterske misli, te umijetnik koji je napustijo tuđmanovu Hrvatsku, vjerovatno ne prihvativši demagogiju “domovinskog” rata. A ja sam s moje strane pomislio da se tu govori o Španskom Ratu i otporu protiv frankizma s obzirom na parolu “no passaran” koja se pojavljuje u pjesmi, te zbog toga što kaže “u nama vrijeme se mijenja, i svi su opet spremni da se bore za san”. Da ne govorimo o tome što su sejmeni “crni momci” koji ostavljaju “plameni trag” – na sta čovijek da pomisli nego na fašizam. Pokušao sam ostavit komentar na sajt, ali su izgleda komentari isključeni, pa ga eto kačim ovdje.

“Pjesma je ocigledno antifašistička. Dovoljan je citat parole iz španskog rata “no passaran”, sličan nasem “smrt fašizmu”, samo sa možda više internacionalističkim značenjem. “Crni” sejmeni predstavljaju oblike autoritarizma koji iza sebe ostavlja plameni trag rata. Revolucija je jedan prelom u trajektoriji prostora-vremena. Kada sazre u ljudima to “novo vrijeme” i ispolji se onda dođe do velikih promijena ili do otpora sistemu koji pretenduje da dominira. Na koje se tačno događaje odnosi Rundek to ne znamo, ali vijerovatno se radi o arhetipu liberterske misli. Do duše javno je i poznato da je on ljevičar i da ima simpatije prema anarhizmu, vise idealistički nego militantski. Svi ovi komentari sa nekim insinuacijama o “nacionalizmu” ili nekim zlim namijerama su totalni delirijum ljudi koji ne znaju što govore. Pjesma je jako ljepa i uvijek aktuelna.”

* In “leggi tutto” la traduzione del testo della canzone

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Don’t mourn – Balkanize!

June 7th, 2011 Comments off

After Yugoslavia: Alternative Balkanization from Below, against the Belgrade Consensus
by Irina Ceric

Andrej Grubacic. Don’t Mourn, Balkanize! Essays after Yugoslavia.  Introduction by Roxanne Dunbar-Ortiz.  PM Press, 2010.

This is not a typical book review and I am not a detached reader.  The book’s author, Andrej Grubacic, is a friend and collaborator, a comrade in the truest sense of the word.  And as he makes clear throughout Don’t Mourn, Balkanize! Essays after Yugoslavia, to be Yugoslav is to be implicated, to speak for yourself only through the filters of history, of shifting imperialisms, of age-old hatreds.  Like Andrej, I too am Yugoslav, having been born in Belgrade to parents with roots in three of the post-Yugoslav republics.  So I read and reflect on this collection of essays, originally written between 2002 and 2010, in the context the trajectory of my own life as both a Yugoslav and a leftist, weighing it as lived history of resistance as well as an abject lesson in the failure of the North American Left.

 

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Luna – Nestvarne Stvari (1984)

May 15th, 2011 Comments off

Una delle scoperte recenti sulla new wave jugoslava. Gruppo meno conosciuto dei soliti nomi che si tirano fuori quando si parla di quel periodo, ma altrettanto interessante. Il progetto nasce  nel 1981 dall’incontro tra alcuni membri della dark band “La Strada” e altri di “Pekinska Patka”, punk rock di Novi Sad. Da sentire.

Luna – Nestvarne Stvari (1984)

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Odbrana i Poslednji dani

April 14th, 2011 1 comment

Idoli - Odbrana i Poslednji DaniOdbrana i poslednji dani” album del gruppo Idoli, esponenti della scena new wave belgradese. Registrato, arrangiato e prodotto dalla band con aiuto di due collaboratori nel 1981. E’ considerato da una parte della critica uno dei migliori se non il migliore album rock della ex-Jugoslavia. Viene pubblicato nel 1982 per la Jugoton. L’album si ispira all’omonimo racconto (La difesa e gli ultimi giorni) di Borislav Pekic, scrittore, autore teatrale e sceneggiatore, membro della “Gioventù democratica” negli anni ’30, in seguito diventa apprezzato dalla critica e famoso a livello  internazionale, ma malgrado questo fin dalla giovane età è perseguitato dalle autorità fino all’esilio  a Londra nel 1971. Quindi si presenta come un concept album che graficamente si ispira all’iconografia religiosa ortodossa mentre i testi sono tutti in cirillico, probabilmente si trattava di una forma di provocazione dato che alcuni aspetti culturali erano un tabù. Per una più dettagliata spiegazione su questo album e sui brani che contiene rimando alla pagina inglese di wikipedia. Non saprei se e quanto possa essere sopravvalutato, ma senza dubbio rimane un ottimo album della new wave jugoslava, introducendo in maniera molto discreta gli elementi e sonorità della musica tradizionale, quindi differenziando si un po’ dai tipici standard anglo-sassoni di questo genere. Gli arrangiamenti sono curiosi e talvolta bizzarri rendendolo un’opera tutto sommato originale, rafforzando in qualche modo un sound tipicamente  “jugoslavo”. I testi possono risultare oscuri per chi come me non ha letto il racconto al quale si ispira e non conosce bene il contesto nel quale fu registrato.

Idoli – Odbrana i poslednji dani (1982)

“Jebo sad hiljadu dinara” – Fanculo i mille dinari

March 25th, 2011 Comments off

Estate 1993. Bosnia nord-occidentale. Fronte croato-bosniaco durante la guerra civile nella ex-Jugoslavia. Un comando croato deve penetrare tra le linee nemiche per spiare l’andamento dei lavori in corso fatti  per rendere agibile un vecchio sentiero ai carri armati. Hanno le divise dell’esercito bosniaco ed elementi degni dell’armata Branca Leone, finiti nei reparti speciali chi per fraintendimento, chi per sbaglio e chi per sfiga.

Dall’altra parte i bosniaci per tenere in segreto i loro interventi logistici mandano un comando travesito con le divise croate sulla linea di confine tra i due eserciti per accertarsi che non ci siano infiltrazioni. La preparazione e la qualità delle unità impegnate in questa operazione è identica a quella dei nemici – ovvero quella dei civili armati con un profilo psicologico inadatto alla vita militare.

L’incontro tra le due “avanguardie” avviene nei pressi del vecchio castello turco di  Muzaferbeg, luogo noto per le gesta ero(t)iche, entrato nel mito tra la popolazione giovanile dei paesi circostanti. Poco più sotto il colle sul quale è appollaiato il castello c’è un vecchio cimitero serbo. Il primo trasuda di ricordi buffi e spensierati di un tempo che all’improvviso sembra appartenere ad un altra dimensione, mentre il secondo quelli più cupi di una terra di confine tra i grandi imperi del passato, sempre pronti a servirsi del ancora più antico dividi et impera per soggiogare le popolazioni locali.  L’incontro accidentale diventa un gioco di specchi. Tutti sono spinti a credere che “gli altri” non possono essere che “dei nostri”.  Nessuno riesce a riconoscere l’altro per una serie di inverosimili coincidenze, l’allegoria delle amputazioni che ha subito la realtà di una generazione condannata agli anni di limbo in cui gli fu messo in mano un fucile e un’identità ricostruita, reinventata, trasformata in un mostro.

Il romanzo è intessuto di continui flashback sulle vite di ciascun personaggio seguendo un groviglio di eventi ed aneddoti che portano tutti in quel luogo dall’aria funesta e torrida. Emergono la mentalità e gli archetipi della profonda provincia bosniaca nel tardo novecento: l’avvenente edicolante Zuza, “divoratrice” di ragazzini, un nonno sensitivo, l’ex minatore in grado di prevedere i terremoti, il contrabbandiere chiamato il “Cinese” che vende le code di pecore spacciandole per le dita umane – lugubri trofei di guerra…

Con le parole dell’autore Boris Dezulovic: “Fanculo i mille dinari” – romanzo la cui trama si svolge dall’alba al crepuscolo di una giornata estiva nel mezzo del fronte croato-bosniaco durante la guerra in Bosnia ed Erzegovina – è un altro inutile tentativo di comprendere l’assurdità della guerra, e il ruolo che ha l’uniforme nella vita e nella morte dell’uomo, del soldato e dello sciocco”.

“Jebo sad hiljadu dinara”  – Boris Dezulovic – V.B.Z – 2008

Balkan Bang!

March 5th, 2011 Comments off

Emir è giovane poliziotto che viene trasferito da un paese della profonda provincia bosniaca a Sarajevo. Lo vede come un’opportunità per fare carriera e per uscire dall’ambiente provinciale e chiuso insieme alla moglie. Viene affidato a Lovro , ispettore dall’alone tetro, grande sostenitore della “strategia di contenimento”, quindi “amico” dei magnacci, spacciatori e contrabbandieri.  Le aspettative di trovare un ambiente di lavoro “pulito” e garantista vengono subito disattese. Il primo caso in cui vengono coinvolti è una strage con 18 morti, a quanto pare un regolamento di conti interno alla criminalità organizzata della città.

Un boss storico sta per crepare ed è ansioso di fare il passaggio di consegne per salvaguardare “l’organizzazione”. Lui è croato, mentre il suo socio, il laido Karel è serbo. Già. Le mafie balcaniche se ne fottono dell’appartenenza etnica e religiosa. Ogni tanto qualche screzzo con i montenegrini, ma niente che non si possa risolvere senza troppi morti. Il nido di vipere tuttavia è in fibrillazione perché proprio mentre il capo ha un piede nella fossa stanno succedendo delle cose inaudite negli ambienti: il prezzo dell’eroina crolla, alcuni clienti fedelissimi li abbandonano, si sussurra di un pericoloso concorrente che sta invadendo il mercato. Sale la paranoia e aumentano i sospetti reciproci.

L’ingenuo Emir viene preso subito per le palle, forse proprio dalla misteriosa “Ombra” che cerca di scombussolare gli equilibri delle “organizzazioni”. Grazie ad un suo stupido vizio, quello di riprendersi mentre fa sesso con la moglie è facilmente ricattabile. Questa volta per non sputtanarsi dovrà invece registrare tutti i movimenti che fa mentre indaga sulla strage insieme al collega Lovro (…)

Armi, sangue e sesso molesto. Quartieri sudici, puzza di cipolla e umanità andata a male. “Sex&Violence” degli Exploited in versione turbo-folk. Ecco gli ingredienti di questa storia. Spero che nessun sarajevese si sia offeso per l’immagine che viene data della città. Se è vero che il romanzo ha degli elementi pulp, è vero anche che la cantonizzazione della Bosnia serviva anche ai traffici di eroina, di armi, della prostituzione. La ricostruzione ha attirato sciami di riciclatori, come la merda attira le mosche, che si fanno passare per dei benefattori perché hanno tirato su i centri commerciali, le multisale e gli ospedali privati. Questi eroi della nazione compaiono in questa storia con il loro vero volto. Dunque al di là della truculenza e dell’immagine quasi distopica della città i riferimenti alla realtà attuale della Bosnia ci sono eccome.

I dettagli invece che mi hanno lasciato perplesso è che i personaggi non sono parsi abbastanza “bosniaci”, ma forse è solo per il fatto che non riesco ad immaginare dei bosniaci che non parlano in bosniaco, una forma particolare di serbo-croato, che a noi che veniamo da quelle parti, suona quanto meno pittoresco. Tradotto nel linguaggio da strada sarajevese sarebbe una bomba. Seconda nota è che tutti hanno i baffi e l’autore ci tiene a sottolineare sempre che tipo di baffi (irsuti, impomatati, gialli di tabacco…). Ma siamo sicuri che sono ancora così di moda i baffi in Bosnia? 😉 E infine i tre killer che parrebbe siano di origine serba hanno dei nomi tipicamente sloveni (Joze, Janez, Jurij), ma forse c’è un perché che mi è sfuggito. Ma queste sono quisquilie, il romanzo è consigliatissimo.

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Articolo su Retrophobic

February 25th, 2011 Comments off

Retrophobic è una webzine orientata verso post-punk, new wave, garage, power-pop e indie. In sintesi la rivista sul retronuovismo come dice il logo. Recensioni, interviste e speciali sulle correnti musicali che affondano le radici nei terreni più irriverenti dei decenni passati, in particolare in quegli anni ’80 paralleli e lontani anni luce dalla frivolezza del pop-rock che tutti conoscono. A me piace particolarmente la rubrica sulle copertine degli album. Mi hanno sempre incuriosito le scelte che si fanno per rappresentare con un’immagine l’intero album, sia che si tratti di un messaggio politico esplicito forte che di una rappresentazione astratta che usa un linguaggio ermetico. Insomma…dalle copertine dei Dead Kennedy’s a quelle dei Joy Division, tanto per stare nel genere al quale sono più affezionato. Ma perché questa divagazione? Perché il curatore di questo sito mi ha chiesto di scrivere qualcosa per quanto riguarda ex-yu rock, allora ho pensato di scrivere una panoramica sulla new wave tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80. Cose di cui ho spesso scritto qui, ma sempre a spizicchi e bocconi – una caratteristica abbastanza consolidata di questo blog “collage”. Ora finalmente mi sono deciso a tentare di scrivere qualcosa che si avvicina ad un vero articolo, non la solita divagazione, aneddoto, ricordo, nano-pubblicazione.

Rock Jugoslavo: “Novi Talas” 1978-1982

Balkanrock tra i top referers di Elektrana

February 25th, 2011 Comments off

Con una certa sorpresa vengo a sapere dal sito di Elektrana, il portale sulla scena electro serba, ma anche un punto di riferimento importante per l’intera area post-jugoslava, che BalkanRock si trova tra i primi 35 siti che nell’ultimo anno sono stati  i principali “referers” del sito. Cioè si trova al venticinquesimo posto per il numero di accessi verso Elektrana, grazie ad alcune citazioni, in particolare all’articolo sulla compilation “Elektricna Post-Yu Nebriga” e al link sul blogroll di questo sito. Ecco la lista dei siti.

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Paket Aranzman

February 22nd, 2011 Comments off

La più nota compilation new wave jugoslava, uscita nel 1981 per Yugoton. Vi parteciparono Sarlo Akrobata, Elektricni Orgazam e Idoli. Musicalmente modesto, ma creativo come album, assume lo status di culto grazie alle circostanze socio-culturali del momento in cui esce. Inizio degli anni ottanta viene ricordato in modo un po’ diverso nella ex Jugoslavia a differenza degli altri paesi europei come l’Italia del riflusso e del trash televisivo o l’Inghilterra del thacherismo, infatti viene visto come un periodo culturalmente fiorente, un fatto parzialmente vero, anche se mi verrebbe da pensare che si trattava più di una sensazione condivisa da parte di una generazione. Era nell’aria un credo che si poteva uscire dal tardo e decadente socialismo intraprendendo la strada delle riforme, ammodernare ulteriormente il paese nella sua pluralità, invece di prendere la strada della disgregazione e del saccheggio. Purtroppo quest’idea rimase vaga, appunto solo una speranza condivisa, senza nessuna rappresentanza politica adeguata. Il resto della storia la sapete.

Tornando al disco in questione copio il pezzo di un articolo che stavo scrivendo per la webzine Retrophobic sulla new wave jugoslava

 

“Andando verso la capitale della ex Jugoslavia – Belgrado, troviamo due compilation che sintetizzano la new wave jugoslava, datate entrambe 1981. “Paket Aranzman” e “Artisticka Radna Akcija”. Ormai siamo nell’epoca post-punk e in entrambi i dischi si sentono le chitarre acide, ritmiche diverse, brani concettuali, la forma delle canzoni che va oltre l’impostazione rock. La prima è considerata una pietra miliare ed è stracitata, non tanto per la scelta dei brani, quanto per una serie di circostanze socio-culturali di cui questo album è un’espressione molto rappresentativa. Quello che lo rende particolare sono gli approcci diversi dei tre gruppi che vi compaiono, ovvero Sarlo Akrobata, Elektricni Orgazam e Idoli. I primi musicalmente più afferrati hanno lasciato un impronta importante anche se hanno pubblicato solo un album (Bistriji ili tuplji covek biva kad…), tuttavia da quel progetto nasceranno due grandi band jugoslave Ekatarina Velika con il loro indimenticabile synth-pop e Disciplina Kitchme noise-punk dai ritmi funkeggianti, con la formazione basso, batteria, tromba. Nel 1981 i Sarlo Akrobata, non a caso, aprono ai Gang of Four a Zagabria, infatti mettendo a confronto i due gruppi si può trovare qualche denominatore comune. Elektricni Orgazam più cupi e psicotici, hanno la tastiera che domina su tutto e i testi paranoici in una sorta di punk psichedelico. Infine Idoli che non nascono come un vero gruppo, ma come una burla mediatica, una sorta di opera pop-art vivente fatta in collaborazione con l’artista Dragan Papic. Il loro primo periodo infatti consiste in una serie di articoli giornalistici, creando aspettative, scandali e facendo dichiarazioni surreali ai quattro venti. Una sorta di rock’n’roll swindle jugoslava. Nella compilation i loro brani sono minimalisti e parodiaci. Il singolo “Maljiciki”, uno dei brani che compare nella compilation, sarà prodotto niente meno che da Goran Bregovic, già allora produttore che poteva permettersi di sperimentare grazie al successo enorme ottenuto con i Bijelo Dugme.”

V.A. Paket Aranzman (1981)

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