Un nuovo prodotto sul mercato jugoslavo ‘80: Pank – il sapone da toeletta per i pank?
Sono incappato casualmente in un articoletto del 1980 in cui con intenti allegorici si fa riferimento ad un prodotto forse realmente esistito a giudicare dalla foto: una saponetta dal bizzarro nome “Pank”. Un curioso caso di marketing “spregiudicato” nel tardo-socialismo jugoslavo? Tre anni dopo l’esplosione del fenomeno, il punk ha fatto ampiamente breccia anche nell’ex Jugoslavia, non solo come sottocultura giovanile ma a quanto pare anche come un’elemento assorbito dai mercati. Ma non è di questo che parla l’autore dell’articolo ma delle forme di censura che sono riemerse dopo la morte di Tito e della crisi che n’è conseguita proprio nell’anno al quale risale l’articolo. La famosa etichetta “šund” – applicata ai dischi ritenuti kitsch, offensivi o “spazzatura” – spesso colpiva gruppi punk e new wave dell’epoca ma anche cantanti neo-folk che parlavano di tematiche ritenute pruriginose che adottavano costumi e pose giudicati dalla Commissione come volgari.
Un nuovo prodotto sul mercato jugoslavo ‘80: Pank – il sapone da toeletta per i pank?
Novembre 1980: Avete mai sentito parlare del pank? Intendo quel punk che vi permette di essere più belli, più piacevoli e puliti? No?
Allora correte subito al supermercato e cercate al reparto cosmetici il sapone chiamato Punk.
Un’industria dei cosmetici nostrana si è buttata sulla produzione di un detergente per viso e corpo proprio di quel genere e ha lanciato una campagna di marketing in cui si sostiene che grazie al Pank:
“ Siete più freschi mattino, pomeriggio e sera”.
Con questo pretesto si impongono due domande:
questo sapone verrà ignorato dai nostri più famosi giornalisti che ancora si oppongono con determinazione a tutto ciò che contiene i geni pericolosi dell’omonimo fenomeno musicale-sociale-di costume?
una delle commissioni per la cultura, ovvero una commissione autorizzata, dichiarerà questo sapone come “šund”?
Personalmente credo che alcune questioni, al di là del fatto che si tratti del sapone, non siano così pulite”.
Il primo post dopo tanto tempo. Ci fa uscire dallo stadio di ibernazione Piera: il 19 maggio c’è da intervistare in lingua Naat Veliov della The Original Kočani Orkestar nell’ambito della prestigiosa rassegna Rivoli Musica. Ci penserà Radio Ohm di Torino alla diretta streaming e tutti il resto. Incontriamo così nel dopo concerto all’82 di Rivoli il leader della fanfara zigana, un po’ provato e malfermo sulle gambe a causa di un’intervento all’anca, inizialmente non proprio entusiasmato di affrontare l’intervista mentre i suoi compari cenano, ma poi una domanda dopo l’altra si scioglie e inizia con racconti, aneddoti e puntualizzazioni. Dopo un mese finalmente mi decido mettere il post, alla faccia dell’istantaneità.
[Probabilmente uno dei primi articoli sul fenomeno punk apparsi sulla stampa jugoslava non specializzata nel luglio del 1977. Tra ironico e sprezzante, con qualche vaga critica “da sinistra”.]
E’ il momento che i nostri lettori facciano conoscenza con questo nuovo genere musicale: Chi sono e cosa vogliono i punk? (1977)
I loro idoli, comprensibilmente, non possono essere le superstar come Geroge Harrison o Mick Jagger, i cui capelli lunghi non possono coprire il fatto che vanno in giro con le limousine e discutono con i propri commercialisti come pagare meno tasse.
Dopo i beatnik, i hippies e altri, la controcultura è rappresentata dai punk-rockers…La propria identità la esprimono con scherzi e abbigliamento bizzarri…Il loro inno è “Siamo una generazione vuota…”
[Ho trovato questo articolo su YugoPapir, un sito che si propone di essere l’archivio della stampa settimanale, mensile e periodica dell’ex Jugoslavia, raccogliendo gli articoli di valore per la cultura popolare di quel paese.]
Nella ricca eredità lasciata da Vuk Karadžić si trovano tra l’altro molte ricette. Le riceveva da amici sparpagliati ovunque. Ai nostri lettori proponiamo le più interessanti.
Sembra proprio che Vuk Karadžić non rinunciasse volentieri ad un bel boccone. Certamente fu una persona misurata, ma amante della buona tavola. Con l’età però fu costretto a seguire una dieta, perciò prediligeva il cibo leggero.
Prima di ciò tuttavia non rinunciò alla cucina popolare, e a quanto pare, con la cura con cui si conservavano le ricette mediche, conservava anche le ricette culinarie. Chiedeva agli amici delucidazioni sulle preparazioni di alcune pietanze.
Nel 1965 Lemmy, ai tempi membro della rhythm and blues band Rockin’ Vickers, ha incontrato Tito a Belgrado durante un incontro informale, ma ufficialmente documentato. Rockin’ Vickers era una delle prime band occidentali che ha visitato e si è esibita nella ex Jugoslavia a quei tempi. Con la morte di entrambi non sapremo mai cosa si siano detti questi due “metal workers” fautori della storia, durante un incontro bizzarro ma importante . Potremo solo fare delle supposizioni…
Ci sono luoghi che nessun turista vorrebbe mai visitare. Uno di questi è Grahovo. Sono convinto che anche coloro che abbiano girato il Montenegro con una maggiore cognizione di causa e con un po’ di nozioni storico-geografiche del paese, si sono persi questa ghost-town. Mi dispiace se faccio un torto a qualcuno chiamandola così, ma lo faccio anche per il fascino che questo termine potrebbe esercitare. Imboscata in una piana nell’entroterra delle Bocche di Cattaro, tra i paesaggi brulli e poco urbanizzati, a Graovo sembra proprio che i passaggi dello sviluppo urbanistico si siano persi per strada e gli ultimi sforzi di fare di questo luogo una cittadina pare risalgano all’epoca socialista. Una scuola abbandonata, lo spettro di quella che potrebbe essere la vecchia “mjesna zajendica“, l’unità più piccola dell’autogestione locale nella jugoslavia socialista, le indicazioni per un arboretum – una macchia verde scuro degli abeti, improbabili in mezzo ad una vegetazione ancora mediterranea da queste parti. Oggi conta 120 abitanti. C’è un mini-market, due bar…e un imponente monumento dedicato alla resistenza.
La prima volta che siamo capitatati a Grahovo era per un desiderio di fuga. Tre mesi in una città al mare sono troppi per chi non ama il turismo di massa, la confusione, il continuo sottofondo dei rumori tipici, il traffico insostenibile per le città che non sono in grado di accoglierlo. Arriva il momento in cui pensi “basta”. A corto di idee prendiamo la statale nuova che porta da Risan a Niksic andando senza una metà, basta allontanarsi. Un po’ di tornanti, qualche tunnel che sembra scavato dai troll e i rumori cessano, il traffico si dirada e ti si apre davanti la piana di Grahovo. Due mucche, pochi campi coltivati e la sensazione che il tempo si sia fermato. Tornando al monumento, posizionato su un colle che sovrasta il paese, lo si raggiunge con una gradinata attorniata dalle lapidi. Tantissimi i nomi dei caduti, soprattutto quelli durante l’insurrezione del 13 luglio 1941. Perché partì proprio da quel luogo e da quel colle. Da lì Sava Kovačević fece partire il colpo di cannone che diede inizio ad un’azione contro le milizie fasciste. Combattente leggendario che si lanciava con le bombe a mano sui carri armati tedeschi e inseguiva i nemici a cavallo. Lo so, sembra un’esagerazione ma sono molte le testimonianze che racconta questo di lui. Un tipo aggressivo, impavido e sempre in prima linea – l’archetipo del guerriero di tutti i tempi. La sua ultima battaglia fu il tentativo disperato di rompere l’accerchiamento durante l’operazione Weiss a Sutjeska, per garantire la possibilità al quartier generale in fuga e all’ospedale militare di ritirarsi di fronte ad un’offensiva congiunta tra tutte le forze di occupazione. Dovettero occultare il cadavere per non far crollare il morale ai combattenti della sua brigata Non so chi sarebbe diventato Sava se fosse sopravvissuto la guerra, ma dalle storie che circolano intorno al personaggio meriterebbe un film di Tarantino. Altroché “Inglorious Basterds”. Quindi leggetevi la sua biografia, chiudete gli occhi ascoltando Nena Ivošević che canta la canzone principale della colonna sonora, e immaginatevi le scene topiche di questo ipotetico film.
Puntata dedicata alla scena rock slovena, con la particolare attenzione alla new wave dei primi anni ottanta, dando continuità alle puntate precedenti sul fenomeno “novi val” o “novi talas”. Segue un breve excursus sui Laibach/NSK, più che un gruppo musicale industrial/elettronico, un collettivo artistico espressionista che si dedica ossessivamente alle iconografie del potere totalitario.
Torniamo a parlare di Sarajevo Rewind dopo quasi un anno, quando fu lanciata l’idea di una docu-fiction in occasione del centenario dell’attentato di Sarajevo, da realizzare in modo interamente autoprodotto con il crowd founding. Una storia che segue il viaggio dei due personaggi chiave, Francesco Ferdinando e Gavrilo Princip, le cui strade si incroceranno in quel fatale 28 giugno 1914. Un racconto “on the road” che ci riporta alla dimensione umana di coloro che vengono ricordati molto schematicamente come pedine della “causa-effetto” che scatenò la Prima guerra mondiale. Ma come sempre accade, dietro troveremo vicende intricate e storie personali complesse e contraddittorie che daranno nuove chiavi di lettura che vanno ben oltre gli schemi e il presunto nefasto destino balcanico. Il film è attualmente in fase di montaggio e la raccolta fondi continua. Ne abbiamo parlato con uno dei due registi: Eric Gobetti.
Puntata dedicata a “Slavika” festival delle culture slave, che si terrà a Torino dal 15 al 21 marzo, in diverse location. Un evento organizzato dall’associazione culturale Polski Kot, con sede presso l’omonimo circolo in cui si terranno alcuni degli appuntamenti nell’ambito del festival. Un luogo catalizzatore per le ibridazioni culturali del mondo slavo contemporaneo, a partire dalla Polonia, comprendendo tutto l’est europeo Balcani compresi. Ne abbiamo parlato con il nostro ospite Davide Agazzi, responsabile ufficio stampa del festival, che ci ha illustrato tutti gli appuntamenti che vanno dagli incontri con gli autori ai concerti, dalle serate culinarie agli spettacoli teatrali, film e cartoni animati russi e polacchi.
La seconda puntata dedicata alla new wave jugoslava del periodo 1979-1984. Questa volta andiamo in Croazia, dove la scena rock era concentrata principalmente in due città, Zagabria e Rijeka. Vi faremo sentire alcuni “big” del cosiddetto ex-yu rock, dagli esordi fortemente influenzati dalla nuova ondata punk e new wave, come Haustor, Azra e Prljavo Kazaliste. Ma andiamo a scoprire anche gruppi meno conosciuti, dal suono più crudo e aggressivo, con un’attitudine inequivocabilmente punk come Paraf, Mrtvi Kanal e Termiti.