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Documentario sugli Azra

March 9th, 2010 Comments off
Non saprei quanto avrà senso questo post. Me ne rendo conto che è uno dei peggiori modi di esordire in un articolo e suscita le domande spontanee del tipo “allora che diavolo vuoi da me”, ma facciamo che è rivolto a quella nicchia della nicchia, dei yugos trenta-quarantenni residenti in Italia, che in un periodo della loro vita hanno amato gli Azra.

Quella band di cui parlavo qualche post fa, creatura di Branimir Stulic, singolare menestrello di una Zagabria tardo-socialista, che ha saputo raccontare quel decennio meglio di chiunque altro. Lo faceva in modo poetico, ma senza eruditismi, utilizzando come protagonisti le persone reali che popolano le sue canzoni e che ora si scopre dal documentario “Kad Miki kaze da se boji“, hanno un volto e una storia. Dai professori della Facoltà di Filosofia, agli ubriaconi delle peggiori osterie zagabresi, dagli anarchici e dissidenti politici ai hippy, drogati e perdi giorno appartenenti ad una specie ormai quasi estinta. E poi le donne, quante donne, tante da non avere dubbi sull’ascendente particolare che Stulic esercitava su di loro, con quel suo fascino severo e ascetico.

Proprio quello che oggi apprezzo, da ragazzino detestavo, quel modo di esprimersi e di cantare un po’ “popolare”, un po’ folk, dal melos orientaleggiante. Non capivo gli amici che perdevano la testa per gli Azra, credevo fosse rock da contadini e paesani, preso com’ero da un’esterofilia che in quel momento non era altro che la reazione verso il crescente nazionalismo. Tutto quello che percepivo come “tradizionale” era il “nemico”. Ma naturalmente la musica di Stulic non aveva nulla a che fare con tutto questo, anzi era l’esatto contrario, una miscela sana e genuina di new wave, folk, pop e canzone d’autore.

Chiusa la parentesi personale, torno a parlare del documentario in questione, uscito nel 2005 e intitolato come l’omonima canzone “Kad Miki kaze da se boji” (Quando Miki dice di aver paura). Si ha l’impressione che questo film sia nato come un’iniziativa degli amici di Stulic stesso. Ha un taglio un po’ intimista e sembra fatto apposta per i fan degli Azra che possono trovare le risposte per molti passaggi enigmatici delle loro canzoni. Ma non mancano delle parentesi sul ’68 jugoslavo, sulle controculture e sulle varie correnti dei dissidenti politici. I protagonisti sono dei personaggi di mezza età, alcuni perfettamente “integrati” altri dei “loser” totali. Raccontano dei luoghi di ritrovo, tra questi spiccano “Veliki Kavkaz” e “Mali Kavkaz” (Grande e Piccolo Caucaso ndr.), il primo in stile mittel europeo, era il ritrovo degli intellettuali della borghesia rossa jugoslava, giornalisti, personaggi dello spettacolo, bohemien; mentre il “Piccolo Caucaso” raccoglieva i “non integrati”. Il film a volte si perde in chiacchiere, ma tant’è…a me ha fatto piacere vederlo. Si può scaricare dal blog di Abraxas365 dove potete trovare un mucchio di altra roba interessante.

Azra

December 28th, 2009 Comments off

Azra Oggi pomeriggio ero su last.fm e me ne sono accorto, ascoltando un pezzo degli Azra, che manca la descrizione di questa mitica band ex jugoslava. Chi ha usato il social network musicale ha presente le funzioni interattive che offre, e tra questi la possibilità di scrivere commenti, recensioni o biografie dei gruppi meno conosciuti senza una scheda completa. Ecco cosa ho scrito a proposito degli Azra, di cui da qualche parte su questo blog avrò già parlato qualche volta.

“Uno dei gruppi più amati nella ex Jugoslavia, nati a cavallo tra gli anni ‘70 e ‘80. Facevano un curioso mix di rock e new wave con le assonanze folk della tradizione balcanica. Il loro leader Branimir J. Stulic era un compositore prolisso, abile nel dire tanto con poco, nel colpire l’immaginario e le aspettative dei giovani di quegli anni e di quel paese in particolare. Non mancavano testi di natura satirica e qualche problema con la censura. Spiegare la poesia degli Azra in poche righe è difficile e per questo posso rimandarvi ad una ricerca in rete, dove si può trovare qualcosa di più esteso anche in lingua inglese. Stulic è un personaggio eccentrico, ma sicuramente rimasto sempre coerente con la sua idea della musica, della politica e di quello che fu o che poteva essere l’ex Jugoslavia. All’inizio della guerra civile abbandono il paese che non riconosceva più come proprio e si trasferì in Olanda. Non tornò mai più malgrado le numerose richieste di reunion, sia da parte dei fan che da parte delle case discografiche. Ora fa l’allenatore di calcio in una squadra minore di qualche paesino olandese vicino ad Utrecht. Scrive e si interessa di letteratura classica, suona ogni tanto e molto, ma molto raramente concede le interviste. A distanza di decenni sono convinto che se dovesse fare un concerto con la vecchia line-up si troverebbe centomila persone che conoscono le canzoni a memoria e le cantano a squarciagola, il fatto è che non lo farà mai – giustamente, si sgretolerebbe la sua figura ieratica da profeta rock’n’roll di un paese che non esiste più (…)”