In questa puntata si parla ancora delle iniziative di solidarietà con le popolazioni colpite dall’allluvione, delle elezioni europee in Croazia e Slovenia e della scomparsa di Dobrica Cosic, il tutto accompagnato come al solito dal vecchio pop&rock jugoslavo.
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Una puntata dedicata alle disastrose alluvioni in Serbia, Bosnia e Croazia: entità dei danni, come aiutare le popolazioni colpite, solidarietà tra i paesi che vent’anni fa erano in guerra tra loro. Aiuto reciproco sì, ma anche speculazioni con gli aiuti umanitari e qualche caso di sciacallaggio, ma soprattutto assenza di prevenzione, situazioni urbanistiche al limite, assetto idro-geologico completamente trascurato. Una puntata dedicata alle disastrose alluvioni in Serbia, Bosnia e Croazia: entità dei danni, come aiutare le popolazioni colpite, solidarietà tra i paesi che vent’anni fa erano in guerra tra loro. Aiuto reciproco sì, ma anche speculazioni con gli aiuti umanitari e qualche caso di sciacallaggio, ma soprattutto assenza di prevenzione, situazioni urbanistiche al limite, assetto idro-geologico completamente trascurato.
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BalkanRock 13 maggio 2014 su MyRadio
In questa puntata: la riapertura della Biblioteca/Archivio di Sarajevo distrutta durante la guerra, i festival musicali dell’estate in arrivo, curiosità sui gruppi della playlist.
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Come si festeggiava il Giorno della Repubblica (29 novembre), la Festa della Gioventù (25 maggio) e il Primo Maggio? Le feste comandate nella ex-YU: tra tradizione, memoria e ideologia…
La puntata del 6 maggio 2014
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Una puntata dedicata al pop anni ’80: dalle scintillanti star del decennio spensierato ai pionieri dell’electro-pop. Vi proponiamo alcune hit intramontabili di Zana, Denis i Denis, Danijel arrivato quarto al Eurovision Song Contest nel 1983, e alcune chicche synth-pop dalle tinte più scure. Buon ascolto!
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Puntata dedicata al cinema jugoslavo. Uno sguardo parziale basato sulle visioni recenti. Si parla di alcuni filoni, tra cui Partizanski Film – tra testimonanza, ideologia e intrattenimento, Crni Talas – il cinema socialmente impegnato degli anni ’60 e ’70 e i film sulla guerra civile degli anni ’90. Ospiti della puntata Antonio e Federico dell’Occhio sul Cinema.
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Il primo appuntamento con BalkanRock su MyRadio, una trasmissione dedicata alla cultura popolare e alla musica dell’ex Jugoslavia. In questa puntata vengono introdotti i temi che verranno trattati e come nasce l’idea di farla, oltre a dare un assaggio del repertorio musicale. Come si intuisce dal nome partira dal rock, punk e new wave, passando per i vari generi di nicchia, arrivando a volte ai fenomeni di massa all’insegna del kitsch e del folklore. L’argomento chiave di questa puntata è “jugonostalgija”: tra mito, memoria e legami culturali che persistono tra le popolazioni divise dalla guerra civile.
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Il macinino da caffè manuale aveva un ruolo d’onore nella casa di ogni buon jugoslavo. Si tratta di un oggetto di ottone o rame, di forma cilindrica, stretta e lunga, con una maniglia che serviva per far azionare la macina interna. Il fondo piuttosto alto, fino alla metà del macinino cilindrico era estraibile e fungeva da contenitore per il caffè. Macinato di fresco ha un sapore più buono, dicono. I supermercati avevano la macina elettrica che potevi utilizzare sul momento dopo aver acquistato il caffè in grani. Ma non era la stessa cosa. Come molti sanno il caffè è un rituale nei Balcani e questo strano oggetto e il suo utilizzo ne facevano parte. Il compito di macinare il caffè era della nonna – era lei che preparava il primo caffè della giornata per la breve seduta mattutina con le vicine di casa, seguiva quello di metà mattina dopo essersi occupata della casa o della spesa. Le nonne delegavano spesso questo compito ai nipoti. All’inizio, la leva da far girare è dura per un bambino, almeno finché i chicchi sono integri, quindi man mano diventa più facile, fino a quando la leva non gira quasi da sola con una leggerissima spinta – il segno che il caffè è polverizzato al punto giusto. A volte si trovavano i macinacaffè “Made in Albania“, oltre al brandy Skenderbeg era uno dei pochi prodotti – da contare sulle dita di una mano – che esportava la vicina Albania.
Nel corso degli anni mi è capitato di fare il traduttore, collaborando occasionalmente con delle agenzie. Si trattava per lo più di documenti di vario genere, manuali o lettere commerciali. Tornava utile per tappare i buchi o per tenersi occupati quando si è senza lavoro, anche se i soldi guadagnati erano sempre pochi. Era più stimolante quando lo facevo volontariamente come ad esempio per la trasmissione Ostavka! di Radio Onda d’Urto condotta da Michelangelo Severgnini tra 1999 e 2001 o facendo da interpretere ad Aleksandar Zograf quando venne a presentare una sua raccolta di fumetti a Milano sempre in quegli anni. Alcune esperienze erano anche deprimenti come quando feci da interprete in un tribunale durante il processo per direttissima a due rom accusati di tentato furto. Furono condannati ad alcuni mesi di carcere senza aver rubato nulla. Sotto banco uno dei due mi fece passare un biglietto con il numero di telefono di qualche parente in Germania e una scheda telefonica. Al primo tentativo non gli riuscì perché una guardia se ne accorse, ma al secondo a udienza finita quando tutti si alzarono finalmente me lo passò. Telefonai subito dopo e mi sentì un po’ riscattato per aver collaborato con un processo che trovavo imbarazzante. Ultimamente, considerate le difficoltà economiche mi sono messo di nuovo a mandare i curriculum alle agenzie di traduzione e qualcuna ha risposto. Una di queste, per una sorta di selezione chiedeva un articolo sulle lingue e sul mestiere del traduttore, per essere ammessi al team dei collaboratori. Ho scritto sull’annosa questione che riguarda una lingua che tutti parlano nelle quattro delle sei repubbliche ex jugoslave, ma nessuno riconosce, cioè il serbo-croato.
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Segnalo l’articolo che ho scritto per la webzine Retrophobic. Si tratta di un approfondimento sul punk e sulla new wave jugoslava in sei puntate, quante erano le repubbliche della ex Jugoslavia, ognuna con qualche tratto distintivo per quanto riguarda la musica rock. La prima parte, quella appena pubblicata parla della Slovenia, con un focus sugli anni che vanno dal ’77 al ’84, all’incirca il periodo definito in seguito “novi talas”. Dopo un articolo introduttivo scritto quasi un anno fa, tenterò di dare una visione d’insieme di quel fenomeno di cui tanto parla la critica nelle repubbliche ex jugoslave in questi ultimi anni. La fase della retrospettiva, del recupero e della valorizzazione della produzione culturale prima del disastro degli anni ’90 è all’apice, parte di un fenomeno globale, con la differenza che la mitizzazione viene rafforzata a causa del collasso politico-economico dopo la caduta del Muro. Lungi dal voler dipingerla a tutti i costi come un “epoca d’oro”, come spesso viene percepita da chi è cresciuto negli anni ’80, diversamente dall’Italia dove quel decennio viene ricordato soprattutto per il kitsch televisivo, craxismo, culture giovanili frivole o destroidi come i paninari, spero di dare un contributo di qualche interesse per gli appassionati della musica underground e delle controculture.
Punk e New Wave nella ex Jugoslavia – parte 1: Slovenia