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Balkan Bang!

March 5th, 2011 Comments off

Emir è giovane poliziotto che viene trasferito da un paese della profonda provincia bosniaca a Sarajevo. Lo vede come un’opportunità per fare carriera e per uscire dall’ambiente provinciale e chiuso insieme alla moglie. Viene affidato a Lovro , ispettore dall’alone tetro, grande sostenitore della “strategia di contenimento”, quindi “amico” dei magnacci, spacciatori e contrabbandieri.  Le aspettative di trovare un ambiente di lavoro “pulito” e garantista vengono subito disattese. Il primo caso in cui vengono coinvolti è una strage con 18 morti, a quanto pare un regolamento di conti interno alla criminalità organizzata della città.

Un boss storico sta per crepare ed è ansioso di fare il passaggio di consegne per salvaguardare “l’organizzazione”. Lui è croato, mentre il suo socio, il laido Karel è serbo. Già. Le mafie balcaniche se ne fottono dell’appartenenza etnica e religiosa. Ogni tanto qualche screzzo con i montenegrini, ma niente che non si possa risolvere senza troppi morti. Il nido di vipere tuttavia è in fibrillazione perché proprio mentre il capo ha un piede nella fossa stanno succedendo delle cose inaudite negli ambienti: il prezzo dell’eroina crolla, alcuni clienti fedelissimi li abbandonano, si sussurra di un pericoloso concorrente che sta invadendo il mercato. Sale la paranoia e aumentano i sospetti reciproci.

L’ingenuo Emir viene preso subito per le palle, forse proprio dalla misteriosa “Ombra” che cerca di scombussolare gli equilibri delle “organizzazioni”. Grazie ad un suo stupido vizio, quello di riprendersi mentre fa sesso con la moglie è facilmente ricattabile. Questa volta per non sputtanarsi dovrà invece registrare tutti i movimenti che fa mentre indaga sulla strage insieme al collega Lovro (…)

Armi, sangue e sesso molesto. Quartieri sudici, puzza di cipolla e umanità andata a male. “Sex&Violence” degli Exploited in versione turbo-folk. Ecco gli ingredienti di questa storia. Spero che nessun sarajevese si sia offeso per l’immagine che viene data della città. Se è vero che il romanzo ha degli elementi pulp, è vero anche che la cantonizzazione della Bosnia serviva anche ai traffici di eroina, di armi, della prostituzione. La ricostruzione ha attirato sciami di riciclatori, come la merda attira le mosche, che si fanno passare per dei benefattori perché hanno tirato su i centri commerciali, le multisale e gli ospedali privati. Questi eroi della nazione compaiono in questa storia con il loro vero volto. Dunque al di là della truculenza e dell’immagine quasi distopica della città i riferimenti alla realtà attuale della Bosnia ci sono eccome.

I dettagli invece che mi hanno lasciato perplesso è che i personaggi non sono parsi abbastanza “bosniaci”, ma forse è solo per il fatto che non riesco ad immaginare dei bosniaci che non parlano in bosniaco, una forma particolare di serbo-croato, che a noi che veniamo da quelle parti, suona quanto meno pittoresco. Tradotto nel linguaggio da strada sarajevese sarebbe una bomba. Seconda nota è che tutti hanno i baffi e l’autore ci tiene a sottolineare sempre che tipo di baffi (irsuti, impomatati, gialli di tabacco…). Ma siamo sicuri che sono ancora così di moda i baffi in Bosnia? 😉 E infine i tre killer che parrebbe siano di origine serba hanno dei nomi tipicamente sloveni (Joze, Janez, Jurij), ma forse c’è un perché che mi è sfuggito. Ma queste sono quisquilie, il romanzo è consigliatissimo.

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