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Tolkien e le lingue slave

February 5th, 2012

Non sarò l’unico che nei periodi difficili cerca sollievo nei mondi immaginari, forse non tanto come una fuga quanto come stimolo per una riflessione profonda sull’origine del potere e sul senso del male nel nostro mondo grazie agli archetipi e alle allegorie. Quindi non chiamerei pura evasione questa incursione nel mito per cercare delle risposte alle domande sempre attuali dalla notte dei tempi, anche se spesso le letture di questo tipo sono bollate come tali. Una delle storie  di questo genere a cui più sono affezionato è “Il Signore degli Anelli” di J.R.R. Tolkien. Malgrado l’estrazione culturale fortemente cattolica del famoso filologo e scrittore, la sua visione conservatrice e antimodernista, secondo la quale oggi saremmo al punto più basso della Caduta, ho sempre trovato affascinante la cosmogonia di Arda e le vicende della Terra di Mezzo. Si direbbe che le opere di Tolkien siano spesso liquidate sbrigativamente negli ambienti della sinistra radicale e libertaria ai quali mi sento vicino, ignorando o fraintendendo la profonda avversione dell’autore per la guerra e per l’avvento dell’Era delle Macchine, come lui la chiamava, attribuendogli delle non fondate affinità con la destra nazistoide che da decenni strumentalizza le sue opere. Naturalmente con qualche importante eccezione, come quella di Wu Ming 2. Ma non essendo questo il posto addatto per parlare di letteratura fantasy e di Tolkien, mi limito solo a riportare una curiosità nella quale mi sono imbattuto leggendo “La realtà in trasparenza“, una raccolta di lettere dello scrittore rivolte agli amici, figli, colleghi, lettori e critici. A pagina 196, nella lettera n.142, ammette di essere privo di talento per le lingue slave che in gioventù ha tentato di studiare, dicendo:

“Mi è dispiaciuto molto sentire che sei rimasto senza violoncello, dopo aver fatto tanti progressi (mi è stato detto) con quell’affascinante e difficile strumento. Chiunuque sappia suonare uno strumento a corde mi dà l’impressione di essere un mago degno di profondo rispetto. Io amo la musica, ma non ho alcuna attitudine per essa; e gli sforzi sprecati nel tentativo di insegnarmi il violino quand’ero giovane mi hanno lasciato solamente un sentimento di grande venerazione alla presenza dei violinisti. Le lingue slave per me appartengono quasi alla stessa categoria. Ho cominciato a studiare molte lingue ai suoi tempi, ma non sono assolutamente un poliglotta e tutto il tempo che ho trascorso una volta cercando di imparare il serbo ed il russo non mi ha dato alcun risultato pratico, solo una forte impressione della struttura e dell’estetica della parola. […]”

Non avrei mai detto che Tolkien, esperto dell’antico sassone, gaellico, islandese e finnico avesse studiato anche la mia lingua madre in un periodo della sua vita.

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