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24 marzo 1999

March 24th, 2007

Beograd 1999Otto anni fa la NATO (sotto la guida USA) compie l’aggressione contro la Repubblica Federale Jugoslava. Tre mesi di bombardamenti in cui vengono colpiti gli obiettivi sensibili in quella che viene definita "operazione di polizia internazionale" prima e "guerra chirurgica" e "umanitaria" dopo. Gli obiettivi "sensibili" sono infrastrutture, industrie, televisione pubblica, scuole, ospedali. Viene fatto ampio utilizzo dell’uranio impoverito con conseguenze disastrose. E’ il preludio della "guerra permanente" e una vergogna per l’Europa dove i governi di sinistra approvano un’aggressione che rientra palesemente in una strategia anti-europea.

La popolazione indignata, partecipa alle grandi proteste ed eventi, facendo da scudi umani sui ponti e nelle piazze principali sotto il simbolo "target", per dire che sono tutti nel mirino e non solo Milosevic, contestato duramente solo un anno e mezzo prima, e in quel periodo rifugiato nel bunker anti-atomico. Moltissimi scelgono di non scendere nei rifugi durante i raid; forse in segno di sfida o rispondendo ad un assurdo con un altro assurdo, o forse perchè nessuno si sentiva colpevole per quello che facevano i paramilitari in Kosovo e un regime traballante in tutto il paese. Con l’attribuzione di responsabilità collettiva su base nazionale si ragionava nella stessa ottica ideologica di chi faceva la pulizia etnica.

Le proteste si moltiplicavano anche altrove: le manifestazione a Milano, a Roma, scontri davanti alla base militare di Aviano da dove partivano i raid – a trenta miglia di mare come cantavano gli Assalti Frontali. Tutti leggevamo con curiosità e apprensione le vignette di Zograf sulle pagine de Il Manifesto, che riuscivano a descrivere la quotidianità sotto le bombe meglio di qualsiasi reportage giornalistico. Radio Popolare lanciava la campagna delle sirene contro la guerra, che ogni giorno rimandava l’allarme antiaereo che rimbombava nelle strade di Belgrado, per denunicare l’aggressione e per esprimere la vicinanza alla popolazione colpita, invitando tutti ad alzare la radio a manetta con le finestre aperte (…)

Oggi ne parlano in pochi, anzi nessuno a livello di mainstream, neanche in termini puramente geo-politici considerando la portata dell’operazione. Pare che di chirurgico di quella guerra rimane solo la sua rimozione.

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